I pilastri dell’islam

Gli arkān al-Islām (“Pilastri dell’islam”) sono i cinque doveri assolutamente cogenti per ogni musulmano osservante (pubere e sano di corpo e di mente) per potersi definire a ragione tale. Essi sono:
la shahāda, o “testimonianza” di fede (in arabo ﺷﻬﺎﺩة: audio[?·info]):
Ašhadu an lā ilāha illā Allāh – wa ašhadu anna Muḥammadan Rasūl Allāh
“Testimonio che non c’è divinità se non Dio (Allàh) e testimonio che Muḥammad è il Suo Messaggero”.
Per essere valida, la shahāda deve essere recitata con piena comprensione del suo significato e in totale sincerità di intenti.[18] Essa è sufficiente, da sola, a sancire l’adesione all’islam di chi la pronuncia;
la ṣalāt (in arabo: صلاة), preghiera canonica da effettuare 5 volte al giorno, in precisi momenti (awqāt) che sono scanditi dal richiamo (in arabo: أَذَان, adhān): audio[?·info]) dei muezzin (in arabo: مؤذن, muʾadhdhin), che operano nelle moschee (oggi spesso sostituiti da registrazioni diffuse con altoparlanti);
la zakāt (in arabo: زكاة), versamento in denaro – obbligatorio per ogni musulmano che possa permetterselo – che rende lecita la propria ricchezza; da devolvere nei confronti di poveri e bisognosi. Nella quasi totale assenza ormai dello Stato tradizionale percettore – che era dotato di appositi funzionari (ʿummāl, pl. di ʿāmil) con ampi poteri cogenti – la zakāt è oggi prevalentemente autogestita dal pio musulmano, anche se esistono organizzazioni che forniscono aiuto ai fedeli per raccogliere fondi da destinare a opere di carità, per la cui realizzazione la giurisprudenza islamica ha previsto da sempre l’utilizzo delle somme raccolte tramite questa pratica canonica. La somma da versare, a cadenza annuale, viene calcolata sulla base di un imponibile del 2.5% sul capitale finanziario del fedele, e vale anche per le aziende. L’OCHA ha calcolato che i volumi annuali di tali versamenti sono, come minimo, superiori anche di quindici volte ai valori totali delle donazioni a livello mondiale;
Ṣawm ramaḍān (in arabo: صوم رمضان), ovvero digiuno di ramaḍān – dal sorgere al tramonto del sole – durante il mese lunare di Ramadan per chi sia in grado di sostenerlo senza concrete conseguenze negative per la propria salute;
Ḥajj (in arabo: حج), pellegrinaggio canonico alla Mecca e dintorni almeno una volta nella vita, nel mese lunare di Dhū l-ḥijja, per chi sia in grado di sostenerlo fisicamente ed economicamente.
In ambienti come quelli sciita, kharigita e sunnita-hanbalita si aggiunge un sesto pilastro: il jihād (in arabo: ﺟﻬﺎﺩ), ma se nella sua accezione di “jihād maggiore” (akbar, dice la giurisprudenza), teso cioè a combattere gli aspetti più deteriori dell’animo umano, esso è accettato da ogni scuola di pensiero sunnita come un potenziale sesto pilastro, la sua accezione di “impegno sacro armato” è talmente densa di condizioni e limitazioni da non consentire che il “jihād minore” (jihād aṣghar) sia accettato sic et simpliciter dal madhhab hanafita, malikita e sciafeita come sesto degli arkān al-Islām.